La storia e le caratteristiche di caffè e cioccolato
La storia del Caffè
Vi proponiamo un’ampia selezione di caffè e cioccolati provenienti da varie parti del mondo per gustare, profumi e sapori preziosi. Visita la nostra sezione shop per scoprire tutte le varietà disponibili di caffè e cioccolato. Molto più di una semplice bevanda, il caffè porta con sé una cultura fatta di condivisione e socialità. Si tratta di un prodotto elaborato che prima di riempire le nostre tazze necessita di un processo di lavorazione piuttosto articolato.
Dopo la tosatura la sua estrazione è un delicato procedimento che si fonda sull’equilibrio tra dose, macinatura, temperature e pressione.
I chicchi marroni con la scanalatura in mezzo, che tutti bene o male conosciamo, sono i semi tostati della pianta di Coffea, un genere che comprende circa 125 specie. Di queste, la Coffea Arabica e la Coffea Canephora o Robusta costituiscono la quasi totalità delle coltivazioni per uso commerciale.
A proposito della pianta Coffea
Originaria dell’Africa, cresce esclusivamente e rigogliosamente lungo la fascia tropicale nella cosiddetta Coffee Belt , in terreni ricchi, con temperature miti, piogge frequenti e sole ombreggiato. La Coffea appartiene alla famiglia delle Rubiaceae; è un sempreverde dai fiori bianchi e molto profumati, i cui frutti, sono detti drupe o ciliegie, cui assomigliano per colore e dimensioni, anche se hanno una forma più ovale ed allungata. Man mano che procede la maturazione, la buccia cambia colore, passando dal verde al giallo fino ad arrivare ad un rosso acceso. All’interno delle drupe, circondati da una polpa dolce e da uno strato di mucillagine, ci sono i due semi, posti uno di fronte all’altro; i semi i nostri sono i chicchi di caffè.
I frutti del caffè crescono a ciclo continuo lungo i rami e maturano in un periodo compreso tra otto e dodici mesi, secondo la specie. Non è un caso che sulla stessa pianta sia possibile vedere contemporaneamente fiori e frutti in vari stadi di maturazione. Facilmente la Coffea raggiunge facilmente i 6 metri di altezza per la varietà Arabica e i 12 metri per la Robusta, anche se le piante coltivate, per facilitare la raccolta, vengono potate a cespuglio e raramente superano i due metri di altezza. Le bacche di caffè, dopo la raccolta, vengono lavorate per estrarne i semi interni che diventeranno caffè verde, cioè non tostato. Per rendere possibile la tostatura, la polpa umida viene rimossa dal seme, che una volta asciugato può essere tostato.
Tipi di caffè: caratteristiche e conservazione
Arabica e Robusta
La Coffea Arabica discende dalle prime piante di caffè originarie dell’Etiopia. È considerata la più pregiata ed è la più costosa, rappresenta circa il 62% della produzione mondiale; i suoi chicchi sono piatti e allungati. Ha un contenuto di caffeina, sostanza prodotta dalla pianta per reagire agli attacchi dei parassiti, inferiore alla Robusta.
La Coffea Robusta è originaria invece, della Repubblica Democratica del Congo e la sua produzione rappresenta circa il 38% del mercato mondiale. I suoi chicchi tondeggianti sono un po’ più piccoli rispetto a quelli della Coffea Arabica e contengono circa il 50-60% in più di caffeina. La Robusta è più spesso impiegata in miscele e per caffè istantanei. La maggior differenza fra le due tipologie è ovviamente nel sapore. L’Arabica dà vita a un caffè più delicato e fruttato, meno amaro con un’acidità spiccata, mentre la Robusta è presenta un retrogusto legnoso, di cereali e arachidi, ed è contraddistinta da una grande corposità.
I chicchi di Robusta, più coriacei, richiedono una macinatura più fine e in fase di estrazione sopportano meno le temperature elevate, contenendo meno oli; producono una spessa crema gonfia, mentre l’Arabica dà una crema più sottile e scura, a trama più fitta. La tradizionale miscela da espresso italiana è costituita da un mix ben bilanciato delle due specie e costituisce una vera e propria “ricetta”. Il caffè “da casa”, quello tradizionale che si usa nella moka, è in genere 100% Arabica per ragioni di gusto: risulta più dolce ed aromatico.
Come conservare al meglio il caffè
Esistono alcuni accorgimenti per conservare il caffè a casa.
Dobbiamo sempre tenere presente che l’aria, la luce, il calore e l’umidità sono nemici del caffè, specie se acquistato già in polvere. Evitiamo di conservarlo vicino a forni e fornelli o dove batte il sole ed evitiamo contenitori trasparenti.
In frigo o addirittura in freezer? Qui le opinino divergono.
Il freddo fa bene al caffè, fa bene agli aromi e lo conserva, appunto, fresco; ma non vale altrettanto per l’umidità. Quest’ultima, anzi, porta ad assorbire gli odori circostanti, soprattutto se il caffè è già macinato.
Se lo si vuole conservare in frigorifero sarà d’obbligo usare contenitori sottovuoto.
La lavorazione e tostatura del caffè
Il processo di lavorazione del caffè, che ha inizio successivamente alla raccolta, ha come obiettivo fondamentale quello di separare il chicco dalla ciliegia o polpa; successivamente si procederà allo stoccaggio e alla spedizione del prodotto. I metodi adottabili in questa fase sono diversi e possono influenzare in modo decisivo il sapore dell’amata bevanda.
Fra i più utilizzati sicuramente il metodo di lavorazione lavato, particolarmente in paesi come Papa Nuova Guinea, Costa Rica, Giava, Kenya, Guatemala e Colombia, adatto comunque a qualsiasi tipi di clima. Questo metodo prevede l’impiego di una macchina despolpatrice per la separazione del chicco dalla ciliegia, quindi l’immersione in vasche d’acqua per permettere, attraverso il processo di fermentazione, la separazione della polpa rimanente. Il corretto controllo del processo di fermentazione è fondamentale per garantire la qualità del caffè; a seconda del clima, infatti, sarà necessario più o menotempo per una fermentazione corretta. Questo metodo di lavorazione garantisce al caffè le note fruttate e un grado di acidità più spiccato. Probabilmente il più antico è invece il metodo naturale o dry. Nato in Etiopia e in uso in aree del mondo dal clima caldo e secco è il caso di Brasile, Etiopia, Yemen, Messico, Sumatra, Nicaragua, prevede dopo la raccolta e selezione accurata delle ciliegie tramite un setaccio, queste vengono adagiate sul cemento o supporti appositi e fatte seccare al sole. Il processo di essiccazione che può durare fino a 4 settimane, prevede che le ciliegie vengano sorvegliate e girate con regolarità per garantire un processo omogeneo. Questo tipo di lavorazione garantisce un caffè dal sapore morbido e rotondo, nel quale gli zuccheri degli ciliegie essiccate al sole si ritrovano nel gusto corposo e pieno del caffè. Il metodo pulped natural o honey, invece, mutua alcune procedure dalle due lavorazioni precedenti e in buona sostanza lascia un sottile strato di polpa sul chicco, ottenendo dal chicco di caffè un sapore intermedio fra quello più pulito del primo caso e rotondo del metodo tradizionale.
La tostatura del caffè
Altro momento decisivo per la filiera produttiva del caffè è la tostatura, il processo di arrostimento del chicco di caffè in seguito al quale al quale si ottengono precisi profili aromatici e gustativi e si interviene sul grado di solubilità.
Sono ben 800 i composti aromatici contenuti nel chicco di caffè come materia prima, selezionando il profilo di tostatura è possibile determinare quali di questi debbano essere preminenti stabilendo di fatto le note di aromatiche e il gusto. Tre sono le fasi in cui si articola il processo di tostatura.
- L’asciugatura: fortemente influenzata dalle caratteristiche del chicco si basa sul suo livello di umidità. Il chicco verde di caffè ha una percentuale di umidità variabile fra l’8 e il 12% che deve essere asciugata prima che abbia inizio la tostatura vera e propria. In questa fase il chicco assume un colore giallognolo, diminuisce di peso ma aumenta di spessore ed assume un profumo simile a quello del pane tostato. Questa fase può occupare dal 30 al 50% del tempo di tostatura complessivo ed è fondamentale per garantire una buina qualità del caffè che avvenga in modo uniforme e graduale.
- La caramellizzazione: questa seconda fase da compimento al processo di essiccazione iniziato nella precedente. Gli elementi presenti all’interno dei chicchi di caffè che al termine dell’asciugatura hanno raggiunto una temperatura di circa 160°, si convertono in composti aromatici. Si assiste al progressivo imbrunimento dei chicchi e viene determinata dal tostatore la cosiddetta curva di tostatura in base alla quale si determineranno le caratteristiche del caffè. Al termine della caramellizzazione il caffè inizia a scoppiettare.
- Lo Sviluppo: si sceglie il grado di tostatura del caffè e progressivamente si rallenta il processo per ottenere il risultato desiderato. Al termine di questa fase il caffè viene versato nella vasca di raffreddamento così da bloccare definitivamente il processo di tostatura. I chicchi hanno assunto la tradizionale coloritura scura e sono ricoperti di uno strato oleoso.
A seconda delle scelte del tostatore sono tre i gradi di tosatura del caffè: tostatura chiara, media e scura.
La storia del cioccolato
La pianta del cacao (Theobroma cacao) esisteva già oltre 4000 anni fa in Sud America, ma è con i Maya – intorno al 1000 a.C. – che inizia la produzione della cioccolata, spesso associata alla dea della fertilità Xochiquetzal e assunta durante le cerimonie importanti in forma liquida con l’aggiunta di vaniglia, peperoncino e pepe, farina di mais o miele. Oltre ad essere un alimento, il cacao era per i Maya anche una moneta e con gli Aztechi entra definitivamente nella storia. La data ufficiale della “scoperta del cacao” è il 1502, giorno in cui gli Aztechi, andati incontro alla Santa Maria offrirono a Cristoforo Colombo, durante un suo quarto e ultimo viaggio alla ricerca dell’oro, oltre a tessuti e cuoio lavorato, anche la loro moneta, cioè “mandorle” di cacao e una tazza di xocolatl. Il sapore intenso e amaro di questa bevanda non fu gradito dagli scopritori europei, tanto che Cristoforo Colombo non vi diede alcuna importanza. La vera conoscenza della pianta si ebbe pochi anni dopo con il rientro in Spagna di Hérnan Cortéz dal Messico. Gli spagnoli, al ritorno dal Nuovo Mondo, introdussero in Europa l’uso del cacao e nel corso del Seicento il consumo di cioccolata si estese largamente e in maniera piuttosto rapida, dando origine a una ricca bibliografia sulle sue qualità, a ricette e a discussioni teologiche. A questo punto la cioccolata non era più una bevanda amara, ma venne addolcita dallo zucchero, cannella, pepe nero, chiodi di garofano e semi di anice. L’Italia fu il secondo paese europeo dopo la Spagna a scoprire l’esotica bevanda che venne importata nel nostro paese fra il Cinquecento e il Seicento. Nel Settecento la cioccolata continua a spopolare ma in una versione semplificata: dal gusto denso di aromi della cioccolata “barocca” si passa quello più semplice e lineare della cioccolata “illuministica”, preparata mescolando zucchero e cacao con una leggera pasta di vaniglia e cannella. Anche se in termini di ingredienti e di gusto c’è ormai un abisso tra la prima cioccolata sbarcata in Europa e la sua versione settecentesca, in termini di tecniche di lavorazione e preparazione non c’è ancora una gran differenza. Comunque sia ne aumentano i consumi, anche perché aumenta la quantità di cioccolata disponibile sul mercato, insieme a quella di canna da zucchero e barbabietola.
Nelle grandi manifatture dei paesi del Nord Europa cominciano ad apparire le prime macchine idrauliche usate per macinare i semi di cacao più velocemente e in maggiore quantità. A inaugurare un nuovo corso fu l’olandese Van Houten che nel primo ventennio del 1800 inventò una macchina in grado di separare il grasso (burro di cacao) dalla polvere di cacao. Un cambiamento sostanziale della materia prima, di consistenza, di colore e di sapore; cambiamento che comportò un aumento esponenziale dei consumi e del volume di affari legato all’industria del cioccolato. Nel 1847 fu la volta di Fry and Sons, uno dei primi a produrre la famosa barretta di cioccolato, avendo trovato il sistema di fondere insieme polvere di cacao, zucchero e burro di cacao senza usare acqua, ottenendo una pasta sufficientemente malleabile da mettere negli stampi. Le tavolette sino a quel momento erano dure e friabili. Il cioccolato è ancora un alimento di lusso e diventerà bene per tutti solo con il cioccolato al latte di Daniel Peter (1880, dalla collaborazione col chimico Henhry Nestlè) e con il fondant di Rudolphe Lindt (1879). Quindi, dopo una lunga esistenza allo stato liquido (cioccolata), è il passaggio allo stato solido in forma di tavoletta (cioccolato), che rende il cibo degli dei accessibile a tutti i ceti sociali. Evocativo di possibili effetti afrodisiaci e ansiolitici, il cioccolato rappresenta la modernità grazie alla sua ambivalenza: è un fast food per chi ha bisogno di energia, ma diventa slow food da meditazione quando lo si degusta con la dovuta attenzione.
Conforto per l’anima e per la mente.
I diversi tipi di cioccolato
THEOBROMA CACAO
La pianta del cacao è un sempreverde con grandi foglie simili a quelle del ficus e due volte l’anno offre lo spettacolo della fioritura; nonostante il cacao sia tra le sostanze aromatiche più complesse presenti in natura, i micro-fiori delle pianta non sono profumati: ogni pianta è in grado di produrne fino a 20 mila, ma di essi solo tra l’1 e il 5% si trasforma nel prezioso frutto detto cabosse. L’albero di cacao è presente in natura con molte sottospecie in grado di offrire diverse qualità di frutti; per quanto riguarda la produzione di cioccolato, sono tre le varietà botaniche di Theobroma cacao, dalle quali si ottengono qualità molto diverse di cioccolato, sia fondente sia al latte.
CACAO CRIOLLO
La denominazione Criollo deriva dalla parola “creolo”, che significa indigeno, locale. E’ la qualità che ha subito meno modifiche rispetto alle origini; è il cacao più pregiato e raro, in quanto non è stato ibridato. Ha semi bianchi, frutti molto profumati e violacei; si ottiene un cacao aromatico, dai profumi delicati e dolci.
CACAO FORASTERO
Ha fave di color viola, dal gusto forte e amaro. E’ la pianta di cacao più coltivata al mondo, soprattutto in Africa; fu chiamato Forastero perché coltivato fuori dai confini del Criollo. Circa l’80% del cioccolato mondiale viene prodotto con questo tipo di cacao, più facile da coltivare e più resistente alle malattie. E’ poco aromatico e il cacao che si ottiene dalle sue fave è forte, con un sapore marcato e astringente.
CACAO TRINITARIO
Ha origine dall’ibridazione tra le piante Criollo e Forastero: prende il suo nome dalle isole Trinidad, dove si svilupparono le prime piantagioni già alla fine del XVIII secolo.
Ha una resistenza alle infestazioni e una resa assai simili al Forastero, ma la qualità delle sue fave è superiore, essendo più aromatiche e fini.
La lavorazione cioccolato
Sono sei le fasi di lavorazione che portano dalla pianta alla tavola uno degli alimenti più amati di sempre.
- Pulizia, pre-tostatura e rottura delle fave che diventano granella di cacao; dopo questo primo passaggio la granella viene tostata più a lungo, perché possa sprigionare tutto il suo aroma.
2) Produzione della massa di cacao; in questa fase la granella è macinata in macchine apposite e viene portata alla temperatura di fusione del cacao, tra i 60 e i 70 °C e si trasforma in un liquido denso, poiché la parte grassa della fava si scioglie e al suo interno rimangono sospese le particelle solide.
Questo composto si chiama massa di cacao e contiene solamente burro di cacao (parte grassa, 55%) e panello (parte secca, 45%).
3) Produzione del burro di cacao attraverso lo schiacciamento dei semi con macchine molto potenti. Si ottiene un liquido dorato e brillante che, dopo essere stato deodorato, viene aggiunto alla miscela di massa di cacao e zucchero nelle fasi successive di lavorazione del cioccolato, per dare lucentezza e morbidezza alle tavolette.
- Produzione della polvere di cacao, nella stessa fase di spremitura della granella
4) Raffinazione: la massa di cacao diventa cioccolato con l’aggiunta di zucchero e in genere di lecitina di soia, un emulsionante.
I diversi componenti devono essere ben mescolati e raffinati, riducendo le loro particelle a livelli infinitesimali.
5) Produzione del cioccolato: da questo momento comincia la fase di lavorazione specifica dell’impasto di zucchero e cacao.
Prima si effettua il concaggio ad alta temperatura per lungo tempo, quindi il temperaggio per cristallizzare in modo stabile il burro di cacao (prima il cioccolato viene raffreddato a 26-27°C e poi riscaldato a 29-32°C).
6) Modellaggio e confezionamento: con il cioccolato temperato si modellano tavolette e praline.